Player One di Ernest Cline


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Questo libro è un’overdose di cultura nerd anni 80: film, cartoni animati,
libri, videogiochi, tutto quanto.

Ne è un’overdose perché ci lavora su ogni livello, quindi sospetto
fortemente che sia perché l’autore ne è il primo invasato. Come trama però
non è ambientato nel passato: ci troviamo in un mondo futuro distopico,
ovvero il mondo a cui vuole portarci Mark Zuckerberg se riesce in tutte le
porcate impunite a cui sta lavorando da tempo. L’umanità è allo sbando e
gran parte delle persone vivono di stenti dentro container in enormi
discariche. Ma la cosa importante per chiunque, dalla persona enormemente
ricca al poveraccio, è di avere una doppia identità felice e realizzata in
Oasis, ovvero un metaverso talmente bello e immersivo che Zuckerberg se lo
sogna.

Questo metaverso occupa pianeti virtuali interi, ovviamente ispirati in
grandissima parte agli anni 80. La giustificazione per l’autore è che anche
il creatore di questo metaverso ne era innamorato. Ci sono Guerre Stellari,
robot giganti giapponesi, videogiochi vecchi e vecchissimi da far piangere
di nostalgia, Ritorno al Futuro e un’enormità di altre cose di cultura pop
che se non le si conosce vuol dire che si è troppo giovani, troppo anziani
o che bisogna vergognarsi. Tutto quanto è fatto per benino nel senso che
l’autore, oltre a riempire questo futuro di un amore per un passato che non
c’è più e che fa pensare che nel futuro distopico ci siamo già, ha definito
delle regole precise su come un ambiente del genere potrebbe funzionare per
essere meraviglioso e tremendo insieme. Ogni pianeta ha le sue regole, ci
sono quelli con la magia, quelli con la tecnologia futuristica, quelli in
cui ci si può ammazzare e quelli in cui bisogna starsene tranquilli. Chi è
povero entra ma non può fare quasi nulla, nemmeno cambiarsi i vestiti. Se
non mi ricordo male può solo gironzolare per il pianeta dell’università
dove questa dà lezioni regolari, e ovviamente ci entra col visore e i
sensori economici che gli permettono poco o nulla. Chi ha i soldi invece ha
grandi possibilità, va da tutte le parti e ovviamente avrà la sua
meravigliosa tuta immersiva sensoriale per una esperienza molto più
intensa. Molto inquietante.

Poi Spielberg, lo stesso Spielberg di Jurassic Park e Indiana jones, ha
deciso di farci un film, intitolato Ready Player One. Poteva essere una
bella cosa ma è venuta una boiata vergognosa, la classica inutile e
superficiale americanata a base di esplosioni e inseguimenti. A volte mi
chiedo se in realtà sotto il nome di Steven Spielberg si nasconda un
collettivo di più registi con capacità molto eterogenee. C’era forse il
problema che un un film non puoi infrangere un milione di copyright come
fai in un libro, quindi ecco che mancano tre quarti delle cose più
divertenti. Che miseria.

Ma il libro è stupendo, talmente bello che a me è bastato quello e ora non
sento il minimo bisogno di andare nel metaverso di Zuckerberg. Bel
guadagno, no?